Esistono alcune ideologie rispetto alle quali non sono possibili concessioni, il cui punto di vista non può che essere avversato. Il femminismo, che malauguratamente sta vivendo un periodo di rinnovato vigore, è certamente tra queste.
Occorre però fare alcune premesse che mi sembrerebbero ovvie, per non dire superflue, ma che invece l’esperienza mi ha insegnato essere necessarie:
Uomini e donne hanno uguale dignità e meritano, in quanto esseri umani, il medesimo rispetto.
Non è ammissibile, né giustificabile, alcuna forma di violenza fisica o psichica. È necessario prendere coscienza di un enorme problema di mortificazione e oggettificazione della donna, le cui cause andrebbero indagate per tentare di mettere un argine adeguato.
Queste premesse, che sono anche istanze femministe, non ne sono certamente di esclusivo dominio. Direi piuttosto che il femminismo se ne è appropriato abusivamente per utilizzarle come cavallo di Troia per portare avanti la propria ideologia.
Ma allora che cosa c’è di sbagliato nel femminismo? In estrema sintesi direi il modello deteriore di uomo e di donna che propone e, conseguentemente, una prospettiva di società che, a dispetto delle dichiarazioni d’intenti, non può che essere lacerata e conflittuale.
Negli ultimi tempi, mi sono autoinflitto l’increscioso impegno di leggere articoli ed estratti dalla produzione della sottocultura femminista. Si tratta di un compito piuttosto gravoso che richiede stomaco e pazienza a causa di uno stile comunicativo generalmente tedioso, infarcito di una miriade di psicologismi inconcludenti e spesso gravato da polemiche politiche di bassa lega. Se lo faccio, non è certo per entrare nelle pieghe di un pensiero da cui c’è ben poco di utile da attingere, piuttosto mi interessano le origini e le linee di direzione di questo magma, che nella sua eterogeneità sembra avere una traiettoria abbastanza definita e un’influenza rilevante che meritano un certo approfondimento.
Con questo breve scritto mi limito ad appuntare alcuni radi elementi sparsi che, senza avere nessuna pretesa di perimetrare la questione, possono offrire degli spunti di riflessione sulla natura obliqua di questa corrente di pensiero:
- Bertha Pappenheim, pioniera dell’emancipazione femminile, e la sua penosa vicenda di malattia mentale in connessione con la nascente psicoanalisi.
- Le Fiaccole della Libertà. Nuovamente in connessione con la psicoanalisi, dietro una fiera rivendicazione femminista, si cela un eclatante e riuscitissimo esperimento di manipolazione sociale escogitato da Edward Bernays.
- Le Femen, un movimento dai tratti provocatori estremi i cui eccessi sono abbastanza paradigmatici.
- Stregoneria e neopaganesimo. Nel tessuto variegato della sottocultura femminista e molto ricorrente l’auto rivendicazione orgogliosa di essere streghe, a cui si abbinano dozzinali pratiche riconducibili in maniera più o meno esplicita a forme di neopaganesimo.
- Asterischi e schwa. La degenerazione del linguaggio spesso fa seguito al decadimento intellettuale. Se l’imposizione forzata di neologismi e stravolgimenti linguistici sono delle forme di sopraffazione violenta, l’uso della schwa ha dei contorni marcatamente grotteschi, ma tutto sommato ancora innocui, tuttavia la sua diffusione è un campanello d’allarme che sarebbe bene non sottovalutare.
Sono certo della buona fede di tante donne che si proclamano femministe, così come immagino che in una società femminista i treni arriverebbero in orario, ma questo non restituisce nulla ad una corrente di pensiero che, come altre ideologie moderne, avverso senza nessuna concessione di sorta.
Foto: Joseph Paris